Che senso ha investire per ridurre le emissioni di carbonio, se in vaste aree del mondo si continua a produrre senza tenere conto dell’inquinamento ambientale? E ancora, come sostenere tali investimenti se poi bisogna fare i conti con chi, forte di una concorrenza sleale, riesce ad applicare prezzi molto più bassi producendo in Paesi dove tali restrizioni ambientali non sono applicate?
A queste due domande vuole rispondere il Regolamento CBAM, nato nel 2021 e che presto diverrà realtà: l’acronimo significa infatti Carbon Border Adjustment Mechanism e, come dice il nome stesso, ha come obiettivo quello di “pareggiare i conti” tra coloro che producono con un occhio attento all’ambiente e quei Paesi che invece tali attenzioni non le hanno ancora implementate.
Il CBAM è un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere che si configura come un’imposta sui prodotti ad alta densità di carbonio – in particolare cemento, ferro, acciaio, alluminio ed elettricità – importati in Unione Europea da Paesi in cui i prezzi di questi elementi sono più bassi o addirittura irrisori, proprio in virtù della minore regolamentazione cui sono sottoposti. “Di fatto questa normativa cerca di equilibrare lo spirito green in cui si sta muovendo l’Unione Europea rispetto all'import proveniente da Paesi meno attenti a determinate questioni legate alla sostenibilità – spiega Luca Mauri, CEO di F.lli Mauri SpA - Non so dove porterà l'introduzione della normativa, quali saranno le sue ricadute reali e come impatterà sul mondo produttivo, ma avrà sicuramente risvolti importanti anche nel nostro settore. Senza dubbio porterà anche le multinazionali globali a fare delle riflessioni per rilocare la catena del valore e l’impatto si sentirà su tutta la filiera”.
L’entrata in vigore della norma, inizialmente pensata per il 2026, sarà probabilmente anticipata al 2025 (anno di transizione), ma già a partire da quest’anno viene introdotto un sistema di rendicontazione obbligatorio con il doppio obiettivo di facilitare il passaggio verso la nuova normativa e anche di rendere più agevole il dialogo con i Paesi extracomunitari. I ricavi derivanti da queste imposte contribuiranno al bilancio europeo.
Vediamo però più nel dettaglio come dovrebbe funzionare questo meccanismo di compensazione: l’obiettivo del CBAM è quello di adeguare il costo dei prodotti ad alta densità di carbonio importati dall’esterno dell’Unione Europea all’ETS (Emission Trading System), il sistema di scambio delle emissioni comunitarie. In questo modo, i beni prodotti nel territorio coperto dall’ETS – cioè tutto il territorio comunitario – potranno competere con quelli importati, che saranno coperti dal CBAM.
La ratio della legge è infatti quella di evitare una concorrenza sleale, che favorisce i prodotti importati rispetto a quelli realizzati all’interno dell’Unione Europea, ma non solo: si vuole anche evitare che gli ingenti sforzi volti alla riduzione dell’emissione di carbonio messi in campo negli anni passati e ancor di più da mettere in campo negli anni a venire siano resi vani da una parte dalla localizzazione delle produzioni in altri Paesi e dall’altra dall’aumento delle importazioni dati i prezzi attualmente più convenienti.
Sistema ETS e sistema CBAM saranno inizialmente attivi contemporaneamente, ma con il passare del tempo il nuovo sistema andrà a sostituire l’ETS, così come andranno progressivamente a sparire le quote gratuite di emissione di gas a effetto serra inizialmente previste da entrambi i meccanismi. Anche le quote di emissioni a pagamento, data l’eliminazione di quelle gratuite e il probabile accorciamento dei tempi di entrata in vigore, porteranno a crescere il prezzo del carbonio e dunque il costo dei beni soggetti ai sistemi ETS e CBAM.
La soluzione? Una sola, ma dovrebbe essere indipendente dal ETS, CBAM o altri meccanismi disincentivanti: iniziare a produrre in modo più ecologico.